Consiglio Regionale delle Chiese

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Fare comunità al tempo del coronavirus. Messaggio da parte della Tavola Valdese

Care sorelle, cari fratelli in Cristo,

la scorsa settimana, mentre ognuno e ognuna di noi continuava la sua vita fatta di abitudini, impegni nella famiglia, nella società e nella chiesa, con il lavoro, lo studio, la gestione della casa, la cura dei figli e dei nipoti, il volontariato, gli incontri delle associazioni e le programmazioni, l’infezione da Coronavirus che da alcuni mesi aveva colpito la Cina è diventata anche per noi una realtà da affrontare, con serenità e discernimento. Ci siamo trovati di fronte ad un mondo diventato piccolo, di distanze ravvicinate. Da quando abbiamo cominciato a parlare di contagio in Italia ed è stato paventato il rischio di una epidemia, ci siamo spaventati e siamo stati bersagliati da messaggi talvolta contraddittori, talvolta fuorvianti che hanno contribuito ad aumentare il nostro senso di paura.

Le autorità civili competenti hanno diramato delle ordinanze di precauzione per dare modo di comprendere l’origine, la dimensione del contagio, arginarlo, organizzare le misure di assistenza sanitaria nella linea di una responsabilizzazione civica collettiva. Queste misure di precauzione hanno toccato anche la vita delle nostre chiese nella loro concreta organizzazione ed hanno anche toccato la nostra vita individuale e famigliare. Senza queste ordinanze ognuno ed ognuna di noi sarebbe in balia del suo atteggiamento spavaldo o terrorizzato in una situazione di potenziale disgregazione sociale.

Osservare le misure di precauzione è certamente una forma di cura di se stessi, dei propri famigliari e degli altri e altre, soprattutto di coloro che, affetti da patologie pregresse, si trovano più esposti ad esiti severi di un eventuale contagio da Coronavirus. Osservare le misure di precauzione è un modo per prendersi cura della società in cui viviamo: è qualcosa che facciamo per il bene nostro e degli altri, è assumersi la propria responsabilità civile.

Siamo riconoscenti a tutti gli operatori sanitari: medici di base, medici ospedalieri, operatori delle case di riposo, ricercatori, che in questi giorni sono impegnati su questo fronte in prima persona, come anche a tutte quelle persone che nei vari campi dei servizi e della produzione portano avanti le loro attività pur nel rispetto delle ordinanze di precauzione. Anche le nostre chiese hanno aderito a queste ordinanze rinunciando al diritto costituzionale di riunirsi liberamente, al desiderio di incontrarsi tra fratelli e sorelle, rivedendo radicalmente le proprie programmazioni.

In questi giorni, tuttavia, abbiamo potuto osservare che le ordinanze di precauzione non hanno potuto evitare l’insorgere di atteggiamenti e comportamenti dettati dalla paura con la corsa all’accaparramento di derrate alimentari e presidi sanitari. Quando la paura ci governa emergono aspetti della nostra umanità che ci allontanano dal prossimo e dunque dai principi della nostra fede: la concorrenza e l’egoismo vincono sulla solidarietà; la diffidenza, il sospetto, l’ostilità e in alcuni casi la violenza gratuita si affacciano pericolosamente nella nostra società, l’irrazionalità vince sulla ragione ed il buon senso.

Desideriamo prendere sul serio quel senso di paura verso l’ignoto e il desiderio di poter fare qualcosa davanti al senso di impotenza che ci coglie davanti ad eventi che non governiamo e che ci paiono minacciosi. Al tempo stesso non possiamo dimenticare che in molti brani la Scrittura, soprattutto di fronte ad eventi minacciosi, ci chiede di fermarci, esaminare noi stessi, metterci in preghiera per non perdere il senso profondo delle cose che ci accadono e della nostra vita, della vocazione a cui siamo chiamati.

Le ordinanze pubbliche prese per il bene comune in molte Regioni, intese a stimolare il senso di responsabilità, toccano anche il nostro essere chiesa, in particolare il riunirci nell’ascolto della Parola di Dio, nella lode, nella cura per gli altri e le altre. Noi non abbiamo precetti da osservare e ogni persona evangelica sa di poter leggere la Bibbia e pregare nella propria casa, con chi vuole associarsi in un piccolo gruppo di famigliari e vicini secondo le parole di Gesù: “Ovunque due o tre sono riuniti nel mio nome”. Ma la nostra vocazione va oltre l’individuo: Dio ci ha chiamati ad essere un corpo, ha raccolto le nostre individualità perché la nostra fede con le sue domande e le sue speranze ha bisogno del conforto degli altri e delle altre nell’ascolto comune della Parola annunciata. Anche per noi protestanti la chiesa non è un evento secondario. Ci sembra importante ricordare questo in giorni in cui la chiesa può sembrare solo un luogo di contagio da evitare e portare con noi questo pensiero anche nel tempo che seguirà la fine dell’emergenza.

Se l’annuncio e l’ascolto della Parola è fondamentale per la vita della chiesa, come il sostegno reciproco nell’ascolto, siamo certi che anche in questi giorni sapremo trovare i modi perché ciò non venga meno. I pastori e le pastore, i diaconi e le diacone possono essere raggiunti per telefono, per mail, sui social, possono essere accolti in casa o raggiunti negli uffici della chiesa o a casa. L’annuncio della Parola può farsi strada attraverso la lettura di meditazioni pubblicate in libri o sul nostro sito istituzionale chiesavaldese.org, su Riforma, attraverso le letture proposte da “Un giorno e una Parola”, attraverso l’ascolto del culto evangelico su RAI Radio 1 o Radio Beckwith Evangelica, da soli o con il coinvolgimento di pochi altri, o con iniziative ancora da sperimentare. La cosa importante è pensarci insieme e ricordare concreta- mente che anche oggi Dio ha qualcosa da dirci e ci parla, che la nostra paura può essere governata, che non siamo in balia di noi stessi.

La Tavola Valdese

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MESSAGGIO DI SUA SANTITA’ IL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO AL PLEROMA DELLA CHIESA PER LA PANDEMIA DEL CORONAVIRUS Fanar, 18 Marzo 2020

Fratelli e Figli nel Signore, Dal Fanar, dal cuore della Città Regina, dalla città di Santa Sofia, dalla Grande Chiesa, mi rivolgo alle vostre amatissime persone, a ognuno e a ognuna di voi, a riguardo delle circostanze senza precedenti, la prova che attraversiamo come genere umano, a causa della minaccia mondiale che provoca la pandemia del nuovo Coronavirus, conosciuto come Covid19. La parola della Chiesa, della Madre Chiesa, non può mancare. La nostra parola dunque, è quella che abbiamo imparato dall’esperienza dei secoli: gratificante, istruttiva, corroborante e consolante. Ringraziamo sinceramente tutti coloro che lottano con abnegazione, anzi trascurando sé stessi e le loro famiglie: – Il corpo medico e infermieristico che si trovano al capezzale dei nostri fratelli e sorelli ammalati, – I ricercatori e scienziati esperti che cercano la idonea terapia farmaceutica, e il vaccino per salvarci dal virus, – Ma anche tutti coloro che si occupano attivamente di affrontare questa pandemia. Il vostro contributo, carissimi, è inestimabile. È un contributo per tutta la società. È sacrificio e merita ogni onore e riconoscenza. Vi ringraziamo e tutti insieme vi applaudiamo, non solo dalle nostre terrazze, ma in ogni momento dal nostro cuore. Il nostro pensiero e la nostra preghiera vi accompagnano. In questa lotta, le amministrazioni predisposte, gli stati, le competenti autorità sanitarie hanno la responsabilità primaria di progettare, affrontare e superare questa crisi. Potrebbero essere caratterizzati come Strateghi in battaglia per affrontare il nemico invisibile, ma già conosciuto. Un nemico che si volge contro l’umanità. Questa responsabilità, che si caricano sulle proprie spalle, richiede necessariamente la collaborazione di tutti noi. È l’ora di una responsabilità collegiale, personale e sociale. Per questo, figli miei, ovunque nel mondo, vi esorto paternamente a fronteggiare con precisione e pazienza, tutte le misure difficili, ma necessarie che prendono le Autorità Sanitarie e gli Stati. Ogni cosa serve alla nostra salvaguardia, per il bene comune, per limitare la diffusione del virus. Pertanto, la nostra liberazione da questa sofferenza dipende assolutamente dalla nostra collaborazione. Forse, alcuni di voi hanno avuto la sensazione che con queste misure drastiche si sottovaluti e si offenda la fede. Tuttavia, ciò che è in pericolo non è la fede, ma i fedeli, non è Cristo, ma noi Cristiani, non è il Dio-Uomo, ma siamo noi uomini. La nostra fede è profondamente consolidata nelle radici della nostra cultura. La nostra fede è viva e nessuna situazione straordinaria la può limitare. Ciò che si deve limitare sono i raduni, le grandi concentrazioni di persone, a motivo delle circostanze straordinarie. Restiamo a casa. Proteggiamoci e proteggiamo chi ci è accanto. Là [a casa], ciascuno di noi preghi per tutta l’umanità, confidando sulla forza della nostra unità spirituale. Vivremo questo periodo come un cammino del deserto, per giungere in sicurezza alla Terra Promessa, quando la scienza, per grazia di Dio, vincerà la battaglia col virus. Perché siamo sicuri che, anche con le nostre preghiere, la vincerà. Allora dunque, è bene essere tutti insieme, qui, spiritualmente uniti, continuando la lotta della metanoia e della santificazione. Vediamo il nostro prossimo subire le conseguenze del virus. Alcuni sono stati già costretti a soccombere e ci hanno lasciato. La nostra Chiesa si augura e prega perché gli ammalati si ristabiliscano, per il riposo delle anime delle vittime, ma anche per aiutare e dare forza alle famiglie di coloro che sono nel dolore. Passerà anche questa prova, se ne andranno anche queste nuvole e il Sole di Giustizia cancellerà l’effetto letale del virus. Tuttavia, la nostra vita sarà cambiata. E la prova è una occasione per cambiare al meglio. Nella direzione di rafforzare l’amore e la solidarietà. La benedizione del Signore, figli nel Signore, per intercessione della Tuttasanta Theotokos, l’Evangelistria, sia presente nel cammino di tutti noi, trasformi l’isolamento volontario in vera comunione, divenga la preghiera e la nostra meta, divenga il senso e il nostro ritorno a ciò che è vero, a ciò che è gradito a Dio. Forza, Dio è con noi! + Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, diletto fratello in Cristo e fervente intercessore presso Dio

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Carissimi/e, un comunicato dal Consiglio di Presidenza del Consiglio regionale delle Chiese per questo tempo di pandemia

A tutti voi un saluto in questo tempo di pandemia in attesa di incontrarci presto per riabbracciarci come fratelli e sorelle. Uniti in preghiera.

Per il Consiglio di presidenza

Don Enzo Lionetti

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Celebrazione nella cattedrale di Napoli il 19 gennaio 2020 con il cardinale Crescenzio Sepe e i pastori e le pastore e i sacerdoti delle diverse chiese

Anche quest’anno gli appuntamenti da segnare in agenda programmati per la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani sono molteplici. Il servizio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della arcidiocesi insieme ai pastori e alle pastore delle varie chiese hanno aperto la settimana il 19 gennaio nella splendida cornice della cattedrale di Napoli con una ricca celebrazione della Parola di Dio che aveva per tema: “Ci trattarono con gentilezza” tratto dagli Atti degli Apostoli 28,2. Il testo fa riferimento alla vicenda ambientata a Malta, raccontata negli ultimi capitoli degli Atti, del naufragio di Paolo, e di altri 276 passeggeri. Infuriava la tempesta e un senso di smarrimento attraversava i cuori dei poveri viaggiatori, l’unico a infondere coraggio agli altri naufraghi era Paolo imbarcato come prigioniero per essere condotto al cospetto di Cesare. Un angelo aveva già provveduto a rassicurare Paolo con queste stupende parole: «Non temere, Paolo! Tu dovrai comparire davanti all’imperatore e Dio, nella sua bontà, ti dona anche la vita dei tuoi compagni di viaggio» (Atti 27, 24). Paolo porterà la fede cristiana nell’isola maltese e si farà carico del destino di questi compagni di viaggio che la sorte accomuna nella lotta alle avversità della natura. Per questo motivo ogni anno il 10 febbraio a Malta si celebra la Festa del Naufragio dell’apostolo Paolo. Bisogna ricordare che per i maltesi navi e imbarcazioni costituiscono un importante aspetto della vita ordinaria. Il tema di quest’anno ha dato modo al pastore Giuseppe Verrillo della Chiesa Libera di Volla, di intervenire al termine della Prima Lettura, suscitando nella assemblea in preghiera un doloroso interrogativo: «È possibile conciliare la adesione al vangelo e la non accoglienza di coloro che approdano con mezzi di fortuna sulle nostre coste e sulle nostre spiagge?» Padre Georgios Antonopoulos, archimandrita della comunità greca ha letto il messaggio del metropolita di Italia e Malta, S. Em.za Gennadios Zervos, che ha riproposto il valore della filantropia declinato come filoxenia, il cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe ha ricordato come nei momenti di tempesta sia necessario remare con tutte le forze nella medesima direzione. La vita del discepolo non è in balia di forze indifferenti al suo destino, è nelle mani di Dio a cui Paolo si sente unito da un legame intimo e filiale. È la fiducia di Paolo che farà sorgere nel cuore dei maltesi la fede nel Cristo risorto e farà sì che ricambieranno il dono dell’apostolo con una calorosa e gentile accoglienza. Il simbolo scelto per la preghiera è stata una barca con otto remi, ognuno dei quali indicava un valore evangelico, che per l’occasione è stata collocata sul transetto della cattedrale davanti agli occhi meravigliati dei pastori e dei fedeli presenti per la preghiera. La barca è il simbolo del viaggio , a volte tempestoso, che i cristiani intraprendono insieme verso l’unità. Il 17 gennaio u.s. è morta Maria Vingiani, aveva 99 anni ed era assessora alle Belle Arti al comune di Venezia quando era patriarca il cardinale Angelo Roncalli, proprio nei suoi colloqui confidenziali con il futuro papa Giovanni XXIII parlava di dialogo e di riconciliazione tra le chiese e da qui nacque l’idea di fondare il Sae (segretariato per le attività ecumeniche), organismo di rilievo nazionale ancora attivamente impegnato nel dialogo ecumenico nelle nostre città e nella animazione delle settimane di preghiera dell’unità. La celebrazione vissuta in cattedrale è stata curata dalla parrocchia S. Gennaro al Vomero, i canti sono stati eseguiti dal coro giovanile del 5 decanato guidato dal decano don Massimo Ghezzi e dai giovani del Centro pastorale giovanile Shekinà che da più di venti anni è punto di riferimento per i giovani del Vomero. Già da diversi anni il servizio diocesano ha scelto di coinvolgere le parrocchie per alimentare soprattutto tra i più giovani la sensibilità ai temi ecumenici. Il secondo appuntamento in programma sarà il 24 gennaio nella chiesa greco ortodossa dei santi Pietro e Paolo e il terzo il 25 gennaio nella parrocchia S. Felice in Pincis di Pomigliano d’Arco che accoglierà le delegazioni regionali guidate dal Consiglio delle chiese cristiane della Campania. Note sono le vicende delle periferie dove le ecomafie hanno reso la vita delle persone esposta a pericoli per la salute. Tutte le chiese si sono impegnate a fare un cammino comune per sensibilizzare i fedeli al problema della accoglienza dei migranti unito al problema delle mutate condizioni climatiche. Papa Francesco ha avuto il merito di evidenziare che nei paesi dove più sono evidenti i cambiamenti climatici più ampio è il flusso migratorio. Per questo motivo è stata scelta una parrocchia della diocesi di Nola dove l’amore e la cura delle campagne ha favorito nei secoli scorsi il proliferare di attività agricole importanti. Ancora lungo è il cammino ma le celebrazioni di quest’anno hanno contribuito a rafforzare in tuti la fiducia e confidare nel Signore che nelle tempeste della vita di certo non fa mancare il suo aiuto paterno.

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Celebrazione ecumenica nella chiesa ortodossa di Napoli

Celebrazione ecumenica della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani nella Chiesa Ortodossa dei SS. Pietro e Paolo a Napoli. Nell’ambito della “Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani ” ancora una volta l’antichissima Chiesa greco – ortodossa dei SS. Pietro e Paolo, presente in città da oltre 500 anni, ha accolto il 24 gennaio, per pregare uno a fianco all’altro , diversi sacerdoti , pastori e rappresentanti delle varie Confessioni e Movimenti cristiani. Hanno partecipato vari delegati e i capi religiosi di alcune Confessioni cristiane, tra i quali Mons. Dini, padre Georgios Antonopoulos, Mons. Gaetano Castello, don Enzo Lionetti , i pastori Dino Magri della chiesa valdese e Helmut Scwalbe della chiesa luterana, padre Edoardo Scognamiglio Presidente del CRCCC, gli assistenti del Direttivo GIAEN, Mons. Mariano Imperato, Emilia Mallardo e Elisabetta Kalampouka, il Segretario del GIAEN Mimmo Iacomino, Lucia Antinucci Presidente dell’Amicizia Ebraico – Cristiana , i fratelli di Taizè Alessandro ed Enzo che hanno curato alcuni canti ed i Focolarini. La suggestiva celebrazione, sentitamente ecumenica, era organizzata questa volta dal GIAEN, il Gruppo che opera a Napoli da oltre 40 anni , proprio con lo slancio ecumenico che affiancò iniziative cattoliche, ortodosse ed evangeliche in un clima di rispetto, fraternità, preghiera. La celebrazione ha seguito lo schema che era stato predisposto dai Cristiani di Malta con riferimento al tema “ Ci trattarono con gentilezza “ al racconto evangelico del naufragio in quel mare della nave che portava Paolo prigioniero a Roma. La cerimonia è iniziata con la processione accompagnata dal canto della dossologia da parte di Christos Pacos. Dopo il benvenuto di Elisabetta e l’intervento di Mons. Castello, Preside della PFTIM, Delegato per l’Ecumenismo e attivissimo da sempre nel GIAEN , la cerimonia si e’ svolta sul Tema dell’accoglienza con le meditazioni delle tre aree confessionali. Il Pastore Magri, della Chiesa Valdese ; Don Enzo Lionetti, della Chiesa Cattolica, attuale Coordinatore dei GIAEN e L’Archimandrita p. Georgios Antonopoulos, Rettore della Chiesa Greco – ortodossa di Napoli, Vicario Episcopale per la Campania dell’Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta hanno trattato, in varia misura e da diverse angolazioni , il coinvolgente tema dell’accoglienza, dal punto di vista spirituale e teologico ma anche pratico ed efficiente. La barca, che simbolicamente era esposta, indicava il percorso da compiere, con l’aiuto del Santo Spirito ma anche con l’armonia dei naviganti 8 remi portati in processione, ognuno con una parola, simboleggiano lo sforzo da compiere ma soprattutto i sentimenti, la partecipazione, l’impegno per remare insieme nella stessa direzione. Il Credo, il Padre Nostro, i Canti tra il luccichii di candele nella suggestiva penombra hanno sempre più dimostrato il clima di armonia interconfessionale che si e’ consolidato col tempo. L’abbraccio fraterno , accompagnato dal canto dello Shalom, sentito e spontaneo, ne e’ stata la più efficace dimostrazione. Forse lungo è ancora il cammino, ma la Luce che in vita e guida ispirano fiducia e fede.

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Ospitalità e accoglienza come segno di unità tra i cristiani

La celebrazione ecumenica della Parola di Dio a Caserta

«Sogno parrocchie e comunità accese dal fuoco d’amore dello Spirito Santo, impegnate per l’annuncio quotidiano del Vangelo, sensibili al tema dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, illuminate, formate e sospinte dalla Parola e dal Pane eucaristico verso il mondo, per testimoniare la gioia di essere discepoli del Signore Gesù Cristo che ha vinto la morte e il male. Il nostro impegno per l’ecumenismo è uno stile di vita, un modo di essere e di agire, di pregare e di annunciare, di testimoniare e di incontrare Gesù Cristo nei fratelli e nelle sorelle che ci stanno accanto. Nella convivialità dei rapporti ecumenici quotidiani si prega assieme, si discute assieme, si spera assieme, quasi anticipando il sogno dell’unità che da sempre ci precede e ci sta davanti, come futuro possibile di Chiese, comunità e fraternità cristiane riconciliate, che testimoniano al mondo l’unico Signore, Gesù Cristo, il Figlio di Dio, messo a morte nella carne ma reso vivo nello spirito (cf. 1Pt 3,18)».

Sono queste le parole di benvenuto che il vescovo di Caserta, mons. Giovanni D’Alise, ha condiviso con tutti noi, la sera di giovedì 23 gennaio, in Cattedrale, in occasione della preghiera per l’Unità dei cristiani che ha visto impegnate le diverse Chiese e Comunità ecclesiali, e lo stesso Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania, sul tema dell’ospitalità e dell’accoglienza, della philoxenìa (l’amore per lo straniero, per il prossimo), che diventa, come recita il testo di At 28,2, philantropìa, benevolenza, amore non comune per il prossimo, per chi è in difficoltà, come nel caso di san Paolo che naufragò lungo le coste della bellissima isola di Malta insieme ad altri fratelli sventurati e ad altri stranieri. La cultura dell’incontro e la conversione al Vangelo ci impegnano, come cristiani, ogni giorno, nella speranza di predicare lo stesso Gesù Cristo e di riconciliarci tra di noi, vincendo ogni chiusura e paura dell’altro.

Hanno partecipato all’incontro ecumenico i delegati e i capi religiosi di alcune confessioni cristiane presenti in Campania, tra i quali: il pastore Giovanni Traettino e il pastore Franco Bosio della Chiesa evangelica della Riconciliazione di Caserta; il pastore Franco Mayer e il pastore Antonio Squitieri della Chiesa valdese e metodista di Salerno, Ottaviano ed Albanella; la signora Elisabetta Kalampouka Fimiani del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e vice-presidente del Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania; la signora Lucia Antinucci, presidente dell’Amicizia Ebraico-Cristiana di Napoli; il sig. Vincenzo Busiello, referente regionale per la Campania della Comunità di Taizè con sede a Portici (Na). Il momento di preghiera è stato organizzato dall’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della nostra Diocesi, in collaborazione con il Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania e il Centro Studi Francescani per il Dialogo interreligioso e le Culture di Maddaloni (Ce). I canti sono stati eseguiti dal Rinnovamento dello Spirito di Caserta.

Il segno predisposto per la liturgia ecumenica è stato presentato con una barca fatta di carta riciclata e di otto rami recuperati da materiale di scarto che sono stati portati in processione da otto giovani durante la preghiera dei fedeli per chiedere: riconciliazione, luce, speranza, fiducia, forza, ospitalità, conversione e generosità.

L’invito che è sopraggiunto da tutti i delegati per l’ecumenismo è di lavorare insieme per mostrare che ogni persona è preziosa agli occhi di Dio e che la divisione tra le Chiese è uno scandalo che ci allontana dal Vangelo e dalla credibilità della stessa fede.

La fede in Cristo ci impegna all’accoglienza nei confronti del prossimo che bussa alla nostra porta in cerca di aiuto, protezione e cure. L’ospitalità è una virtù altamente necessaria nella ricerca dell’unità dei cristiani. La primavera dell’ecumenismo si nutre anche della solidarietà fraterna, della carità verso i più bisognosi, del sostegno dei poveri, dell’accoglienza senza pregiudizi di chi è diverso da noi, dell’integrazione di comunità di fede differenti nelle nostre città, dell’ospitalità e dell’integrazione di migranti e naufraghi, così come lo stesso papa Francesco ci ricorda ogni giorno con le sue meditazioni e i suoi gesti profetici».

«Paolo e i suoi compagni sono come i tanti migranti di oggi» ha ricordato il pastore Franco Mayer. Guardare a quell’episodio è come guardare a quanto accade oggi in mare, quando la disperazione induce ad affrontare le onde e le tempeste ma invece di trovare comprensione, chi sopravvive trova ostilità. In tutto il mondo, ci sono uomini e donne migranti che affrontano viaggi rischiosi per sfuggire alla violenza, alla guerra, alla povertà; essi, come Paolo e i suoi compagni, sperimentano l’indifferenza, l’ostilità del deserto, dei fiumi, dei mari. C’è bisogno di praticare la prossimità, la philoxenia, l’amore per lo straniero, per superare ogni barriera e pregiudizio e vivere il Vangelo della carità, ha sottolineato la sig.ra Elisabetta Kalampouka Fimiani. Il pastore Franco Bosio si è soffermato sul termine “gentilezza” e sul bisogno di trattarci con affabilità, con ospitalità: abbiamo tutti bisogno di attenzioni e di accoglienza per vivere in pace. Il pastore Antonio Squitieri ha auspicato che l’unità tra i cristiani, a poco a poco, ci porti anche a condividere la stessa mensa. Il pastore Giovanni Traettino ha chiesto di pregare per l’unità tra i cristiani e di invocare lo Spirito Santo per la guarigione delle nostre ferite. L’impegno di tutti i cristiani delle diverse confessioni deve essere sempre al servizio dei più deboli e deve fare sua la logica dell’incontro, dell’accoglienza, del dialogo fraterno e dell’integrazione.

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